L’insufficienza renale cronica (in medicina abbreviata in IRC), è una “una condizione di alterata funzione renale che persiste da più di 3 mesi”, accompagnata da una riduzione del VFG (velocità di filtrato glomerulare) al di sotto dei 60 ml/min/1.73m2. La VFG indica la velocità con cui si forma il filtrato renale, ovvero il quantitativo di plasma che viene filtrato dai reni al minuto.
L’IRC è provocata da danni irreversibili a carico del rene (che possono anche essere genetici), originati principalmente da glomerulonefriti, rene policistico, pielonefriti, infezioni, nefroangiosclerosi, nefropatia diabetica e nefropatia ischemica.
Questi danni provocano una graduale riduzione del funzionamento dell’organo, che diventa sempre meno capace di filtrare le scorie del sangue, le quali tendono quindi ad accumularsi creando danni all’organismo. Man mano quindi i reni riescono a svolgere in maniera sempre meno ottimale le loro funzioni, quali (oltre all’eliminazione delle scorie) la regolazione dell’equilibrio idro-salino, la produzione di determinati ormoni (come la renina e l’eritropoietina) e l’elaborazione della vitamina D.
L’IRC è una malattia subdola, che spesso viene diagnosticata in fase già ormai avanzata; questo perché è difficile capirne i sintomi, che spesso sono generici: nausea, vomito, inappetenza, affaticamento, diminuzione della minzione, confusione mentale, gonfiore agli arti inferiori, prurito (molto comune), ipertensione.
L’IRC è classificata, secondo I criteri KDIGO (Kidney Disease: Improving Global Outcomes) in 5 stadi di crescente gravità:
STADIO | FUNZIONALITA’ RENALE | VFG (ml/min/1,73m2) |
1 | Normale | >90 |
2 | Lieve compromissione | 89-60 |
3° | Compromissione moderata | 59-45 |
3b | Compromissione moderata-grave | 44-30 |
4 | Compromissione grave | 29-15 |
5 | Insufficienza renale terminale | <15 (o dialisi) |
Uno dei cardini del trattamento dell’IRC è sicuramente la terapia dietetico-nutrizionale (TDN), in particolar modo negli stadi più avanzati (dal 3b). È infatti utile a rallentare la progressione della malattia e a ridurre il rischio d’insorgenza di patologie correlate (in particolare le malattie cardiovascolari): la restrizione proteica può aiutare a controllare l’equilibrio acido-base (prevenendo/limitando l’acidosi metabolica), i livelli di urea e dei minerali come potassio, sodio e fosforo. La dieta serve inoltre a mantenere un adeguato stato nutrizionale spesso minacciato dall’inappetenza e dall’anoressia uremica, causate dall’accumulo di tossine azotate. Un altro importante obiettivo è, chiaramente, allontanare il momento della necessità della terapia dialitica.
Un prodotto sul commercio si definisce “aproteico” quando ha un tenore proteico residuo non superiore all’1% e “ipoproteico” quando la percentuale non è superiore al 2%.
La terapia dietetico nutrizionale prevede innanzitutto un adeguato apporto energetico per mantenere un buon stato di salute. Per quanto riguarda invece gli apporti di proteine, fosforo e sodio, essi devono essere ridotti, e l’apporto di potassio dev’essere controllato affinché i livelli nel sangue si mantengano nei range.
L’apporto proteico necessario varia in base allo stadio della malattia, ma dev’essere tendenzialmente ridotto (< 0,6 g/k/die) rispetto a quello consigliato per la popolazione generale (0,9-1 g/kg/die): è stato infatti dimostrato che una dieta ipoproteica aiuta a garantire un miglior controllo metabolico nel lungo periodo rispetto ad una dieta normo proteica, riducendo anche il fabbisogno di farmaci (chelanti del fosforo, bicarbonato).
Nelle forme iniziali di IRC è consigliato un introito proteico ai livelli minimi previsti per la popolazione generale (0.8g/kg di peso corporeo ideale), con preferenza di proteine ad elevato valore biologico derivanti da carne e pesce (attenzione invece a uova, formaggi e affettati che vanno assunti con frequenza limitata per l’elevato contenuto di sodio e fosforo).
Negli stadi più avanzati, è raccomandata una dieta ipoproteica con 0.6g/kg di peso ideale di proteine oppure una dieta fortemente ipoproteica da 0.3-0.4 g/kg di peso ideale (da abbinare a specifici supplementi). Al contrario, un introito proteico libero nelle fasi avanzate dell’IRC causa uremia, nausea e anoressia e pertanto può provocare un ulteriore riduzione dell’introito energetico ed il conseguente rischio di malnutrizione.
Il fosforo è il minerale più pericoloso per i pazienti affetti da MRC, perché è in grado di peggiorare
l’evoluzione della malattia, aumentando il rischio soprattutto di calcificazione dei vasi e demineralizzazione dell’osso. È presente principalmente negli alimenti ricchi di proteine, quindi una loro riduzione ne limita l’assunzione.
È bene ricordare che il trattamento dietetico nutrizionale è sempre da concordare con un professionista della nutrizione.
Gli alimenti a basso contenuto proteico sono in generale pane, pasta, riso, verdure, frutta fresca e grassi da condimento. C’è però da prestare attenzione anche ai minerali come sodio, potassio e fosforo che sono presenti anche negli alimenti a basso apporto proteico.
Alimenti con sale aggiunto, i prodotti confezionati, il sale iposodico, i formaggi (soprattutto se stagionati), i prodotti integrali (con crusca, segale, farro, avena), la frutta secca; dadi da brodo, ketchup, maionese, senape; alimenti affumicati, in salamoia, salumi, minestre in scatola; snack salati (es. patatine, salatini) e prodotti di rosticceria (pizzette, rustici…).
*Un valido aiuto per raggiungere il fabbisogno energetico senza aumentare l’apporto di proteine e minerali è quello dato dai prodotti dietetici aproteici, costituiti prevalentemente da carboidrati e quasi totalmente privi di proteine, fosforo, sodio e potassio. Assumendo questi speciali prodotti, pur elevando l’apporto energetico, si riesce a “lasciare spazio” nella dieta ad alimenti ricchi in proteine ad alto valore biologico (come uova, latte, carne e prodotti ittici) che garantiscono la copertura del fabbisogno di amminoacidi essenziali.
Innanzitutto si consiglia di scegliere prodotti dietetici ipoproteici/aproteici e fare piccole porzioni di secondo sia a pranzo che a cena, in modo da riuscire a coprire il fabbisogno di amminoacidi essenziali e rendere le proteine nobili più assorbibili (rispetto a quando lo sarebbero per esempio concentrando il secondo piatto solamente a cena).
Scegliere sempre prodotti freschi, evitando quelli pronti o confezionati: i primi infatti sono più genuini, sani, gustosi e meno ricchi di fosforo e sale.
È bene infine ricordarsi di variare l’alimentazione quanto più possibile, di fare un’adeguata attività fisica e di monitorare il peso per controllare l’equilibrio idrico.
Per ridurre l’apporto di minerali nei vegetali, si consiglia di tagliare gli alimenti in pezzi piccoli prima del lavaggio, lavarli con abbondante acqua e tenere in ammollo per un po’ di tempo; cuocere in abbondante acqua, cambiando più volte l’acqua di cottura ed eliminandola alla fine; cuocere gli alimenti tagliati in piccoli pezzi e togliere la buccia prima della cottura (specialmente per le patate e le carote). Tra le tipologie di cottura, prediligere la bollitura (limitando altre forme come quella a vapore, al tegame, al forno, in pentola a pressione, etc.).
Per quanto riguarda i legumi secchi, metterli in ammollo prima della bollitura e scartare sempre l’acqua.
Limitare il consumo di minestre e brodi (soprattutto se preparati con il dado), preferendo pasti asciutti.
Preferire gli alimenti freschi, evitando quelli confezionati che potrebbero contenere additivi a base di fosforo (in etichetta segnati con le sigle E338-E343, E442, E450, E452, E544, E545)
Eliminare la saliera dalla tavola, cuocere i cereali (come pasta, riso, orzo…) senza sale, preferire alimenti freschi o surgelati semplici (evitando quelli confezionati), utilizzare spezie ed erbe aromatiche al posto del sale o dei condimenti contenenti sale (dadi da brodo, ketchup, maionese, senape).