Il Morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa piuttosto frequente che causa la progressiva distruzione delle cellule responsabili della produzione di un neurotrasmittitore, la dopamina.
Il Levodopa è il farmaco attualmente più efficace per trattare i sintomi di questa patologia poiché, assunta per bocca, viene assorbita dall’intestino tenue e raggiunge il cervello, dove viene trasformata in dopamina.
Quando i pazienti assumono levodopa, però, è importante monitorare la composizione e l’apporto proteico dei pasti, poiché potrebbero interferire con l’assorbimento (e quindi con l’efficacia) del farmaco.
Non sono ancora note le cause del Morbo di Parkinson: si tratta probabilmente di una patologia multifattoriale. Ci sono alcuni mutazioni genetiche che sono notoriamente associate alla malattia; poi vi sono alcuni fattori tossici, come l’esposizione ad alcuni pesticidi, metalli pesanti (zinco, rame, ferro) e solventi idrocarburi.
Come si manifesta il Morbo di Parkinson? Svolgendo la dopamina, il neurotrasmettitore carente nei soggetti affetti da questa patologia, un ruolo importante nel movimento volontario (muscoli scheletrici) e involontario (muscoli lisci, come quelli dell’intestino), tra i sintomi della patologia vi sono tremore a riposo, rigidità muscolare, lentezza nei movimenti, disturbi dell’equilibrio, deglutizione, stipsi, disturbi urinari, ecc.
Il Morbo di Parkinson purtroppo ad oggi non ha una cura, ma solamente una terapia, prevalentemente farmacologica. Il farmaco più utilizzato è il Levodopa, in grado di passare attraverso lo stomaco, essere assorbito dall’intestino e, attraverso il sangue, arrivare al cervello dove viene trasformato in dopamina, il neurotrasmettitore carente. Oltre al Levodopa ci sono anche farmaci dopaminoagonisti, che vanno a stimolare il recettore dopaminergico, facendolo agire in modo simile alla dopamina.
La diagnosi si basa essenzialmente sulla storia clinica del paziente (soprattutto valutandone i sintomi motori) e familiare, eventualmente completata da indagini strumentali.
Il Levodopa contiene un principio attivo in grado di attraversare la barriera ematoencefalica, entrare nei neuroni dopaminergici ed essere velocemente convertito in dopamina.
Sono diversi gli effetti collaterali conseguenti alla sua assunzione come capogiri, convulsioni, confusione, febbre, aumento della pressione, ansia, agitazione, nausea, vomito, salivazione aumentata o secchezza delle fauci, diarrea, tic muscolari, sangue nelle feci, allucinazioni…
Ma quindi, in sostanza, che cosa fa bene a chi ha il morbo di Parkinson e assume il Levodopa? Non esiste una vera e propria dieta, ma un’alimentazione varia ed equilibrata che consenta di avere un corretto bilancio energetico e il mantenimento di un buono stato nutrizionale.
La terapia dietetica non è un trattamento della malattia, ma è utile per aumentare la risposta del Levodopa, dal momento che l’apporto proteico del pasto potrebbe interferire e dunque ridurre l’efficacia del farmaco. Il Levodopa viene degradato nello stomaco e assorbito nell’intestino tenue; maggiore è il tempo di permanenza nello stomaco, maggiore la sua degradazione (e dunque minore l’efficacia): andrebbero quindi limitati gli alimenti che potrebbero rallentare lo svuotamento gastrico, come l’eccesso di fibre o di grassi. Inoltre è utile specificare che per il suo assorbimento è necessario un meccanismo di trasporto attivo, che viene utilizzato anche da diversi aminoacidi presenti negli alimenti con proteine soprattutto animali. È quindi importante prestare attenzione affinché non venga assunto un eccesso proteico nella prima parte della giornata (in particolare a pranzo), poiché gli aminoacidi potrebbero competere per i trasportatori intestinali del farmaco, riducendone l’assorbimento. È bene comunque considerare che l’apporto proteico dev’essere sufficiente, ovvero non inferiore a 0.8g/kg di peso ideale, per evitare eventuali carenze alimentari e malnutrizione.
Il consumo di caffè è stato un tema centrale negli studi sulla malattia di Parkinson. Secondo recenti studi infatti, non solo potrebbe risultare un fattore non genetico protettivo (quindi ritardando temporalmente l’esordio della malattia), ma mitigherebbe addirittura la sintomatologia motoria.
Un altro importante fattore che può contribuire a rallentare lo sviluppo della malattia è la pratica di attività fisica.
Secondo gli studi e le Linee Guida scientifiche, non esistono alimenti concessi né alimenti proibiti.
È consigliata però un’alimentazione varia ed equilibrata, su stampo mediterraneo, con un pasto ipoproteico a pranzo (per ottimizzare l’assorbimento del farmaco) e una concentrazione dell’apporto proteico giornaliero al pasto serale. Importante anche non abusare di alimenti contenti un eccesso di fibra o di grassi, quindi rispettare i principi della sana alimentazione e preparazioni semplici.